Sief Italia

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Era stato annunciato nelle scorse settimane e adesso che il programma è stato reso noto è arrivata la conferma: la 2^ edizione di Expo Food & Wine (www.expofoodandwine.com) sarà ancora più ricca di eventi e di contenuti, d’incontri e di approfondimenti e Catania tornerà ad essere la Capitale del Gusto del Mediterraneo. Tutto questo dal 28 al 30 novembre 2015 prossimi quando alle Ciminiere, centro fieristico del capoluogo etneo, sarà allestito il nuovo Salone del buon cibo e del buon vino, ideato e realizzato da Sief Italia, con l’amministratrice Alessandra Ambra, che in questi giorni ha ufficializzato il programma e le numerose partnership della manifestazione.

“Già la conferma delle Associazioni e Federazioni presenti anche l’anno scorso significa che abbiamo lavorato bene, ma non basta – afferma Alessandra Ambra – e vogliamo che questa nuova edizione di Expo Food & Wine lasci un segno ancora più tangibile nel territorio. Una terra, la Sicilia, – spiega Ambra – che ha tutte le potenzialità per scommettere e vincere sull’enogastronomia e sul turismo”.

E se infatti quest’anno una parte dell’Expo sarà dedicata proprio al turismo, con Sicily Travel Show, si ripete anche la formula di portare il mondo commerciale a Catania, ma questa volta con la presenza di buyers stranieri quadruplicata.

“Saranno 14 i Paesi esteri rappresentati alle Ciminiere – dichiara l’amministratrice di Sief Italia – e questa volta l’agenda degli incontri con i nostri produttori è stata già fissata da tempo. Prima ancora dell’inaugurazione del Salone, infatti, buyers e aziende avranno modo di incontrarsi e di stringere rapporti commerciali, prima che il grande pubblico prenda piacevolmente d’assalto i padiglioni fieristici”.

I numeri, insomma, ci sono tutti perché le 13 mila presenze dell’anno scorso vengano abbondantemente superate nelle tre giornate di sabato 28, domenica 29 e lunedì 30 novembre. Il taglio del nastro è previsto per sabato 28 alle ore 12, mentre già dalle ore 9 inizieranno gli incontri tra produttori e operatori esteri. Confermata la partnership prestigiosa della Federazione Italiana Cuochi, dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani, dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei e della Con.Pa.It., con cui Sief Italia sta realizzando tutti i cooking show in programma, mentre con Ais, Fisar e Onav saranno realizzate le degustazioni di vino.

Già dalla prima giornata, dunque, al via con cooking show di cucina calda e di cucina fredda e performance d’arte culinaria con chef stellati e professionisti provenienti da tutta Italia. Grandi nomi del panorama culinario nazionale faranno di Expo Food & Wine un palcoscenico di contenuti veri. In programma anche il Concorso regionale dei Cuochi siciliani, organizzato dall’U.R.C.S., Unione Regionale Cuochi Siciliani, che quest’anno celebrerà il proprio congresso proprio alle Ciminiere in occasione del Salone. Già confermata la presenza a Catania del presidente nazionale della Federazione Italiana Cuochi, Rocco Pozzulo, del presidente dell’U.R.C.S., Domenico Privitera, e del presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, Seby Sorbello. Tra i concorsi, da segnalare anche il Concorso nazionale a squadre, organizzato da Fic e Apce, e il Concorso regionale cuochi siciliani Giovani emergenti, organizzato da Urcs. A chiudere, il Simposio Con.Pa.It., con il meglio della pasticceria siciliana. Anche il presidente nazionale di Con.Pa.It., Anzelotti, ha confermato la propria presenza a Catania.

E poi, se l’anno scorso protagonista di un originale ed eccentrico concorso, tanto piaciuto al pubblico, era stato il “Panino Perfetto”, quest’anno sarà la volta di “POLP FICTION” ovvero il FESTIVAL DELLE POLPETTE: sottotitolo significativo: Concorso gustoso per gli appassionati di cibo e per la stampa. Già, proprio così, perché oltre al grande pubblico, che si potrà sfidare a colpi di ricette dedicate alle tanto care e antiche polpette, anche in questa nuova edizione del Salone alcuni dei rappresentanti della stampa regionale e nazionale saranno chiamati a fronteggiarsi nella creazione della migliore polpetta. Il tutto sotto l’occhio vigile del conduttore Rai Alex Revelli Sorini, che anche quest’anno sarà il presentatore ufficiale di Expo Food & Wine. Con Revelli, hanno confermato la propria partecipazione al Salone altri grandi nomi del giornalismo nazionale e internazionale dell’enogastronomia: il presidente nazionale dell’Associazione Stampa Agroalimentare e ideatore di programmi Rai, Roberto Rabachino, il critico enogastronomico de “Il Giorno”, Marco Mangiarotti, il direttore della rivista “I Grandi Vini”, Fabrizio Barbagli, la giornalista internazionale Gladys Torres Urday, oltre al direttore della rubrica Tg5 Gusto di Canale 5, Gioacchino Bonsignore.

Volti noti e impegnati del giornalismo, che interverranno anche ai numerosi convegni in programma alle Ciminiere sui temi più importanti della tavola italiana: “Alimentazione e salute”, organizzato da Sief Italia e a cura della dottoressa Maria Stella Cacciola; “La ricetta per un’azienda efficace” e “I nuovi trend del turismo”, organizzati da Sicilia Convention Bureau, tra i partners del Salone; Convegno Infocod; Workshop Food Photography, organizzato da Instagramers Sicilia; “Il Barone Gourmet”, organizzato da Cumasca, anch’essa partner dell’evento; e ancora, le novità del contesto fiscale, illustrate da MPI Italia; “La sicurezza alimentare”, organizzato da Agroqualità; “La celiachia e la cucina di eccellenza”, organizzato da A.i.c. Sicilia, che anche quest’anno ha confermato la propria partnership al Salone; ed il Convegno regionale dell’U.R.C.S., sul tema: “I cuochi: la ricetta del turismo”.

Come sottolineato dall’amministratrice di Sief Italia, inoltre, anche quest’anno l’organizzazione e l’allestimento del Salone è resa possibile grazie al supporto tecnico di partner che nel mondo della ristorazione sono sinonimo di eccellenza, come Electrolux (che fornirà tutte le cucine per i cooking show ed i laboratori di performance culinarie), Enoiltech (per le degustazioni di vino), Lab 9 (forniture per la ristorazione).

Un discorso a parte merita Centro Surgelati, che con la Blu Lab Academy di Aci Sant’Antonio, con lo chef patron Alfio Visalli, avrà un ampio spazio dedicato al piano superiore del centro fieristico, dove si realizzeranno cooking show ed eventi legati al mondo ittico del fresco e del surgelato.

Infine, Alessandra Ambra presenterà al pubblico siciliano la partecipazione di Sief Italia a “Casa Sanremo” in occasione del Festival della canzone italiana il prossimo febbraio 2016, quando Sief Italia porterà le eccellenze enogastronomiche della nostra Isola nella grande realtà dell’Ariston della città ligure. Quando si dice… la storia della qualità vera, continua!

 

Agriturismo Leano di Piazza Armerina

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In un’ antica residenza di un generale dell’esercito, l’Agriturismo Leano di Piazza Armerina dispone di 36 posti letto tra suite indipendenti e camere, termo-autonome con bagno privato, arredate con mobili d’epoca e drappeggi dai colori caldi e accoglienti con l’obiettivo di ricreare una location confortevole ed elegante. Meta ideale anche per gruppi che scelgono una vacanza nel cuore della Sicilia a contatto con la natura ma vicino ai grandi punti d’interesse storico-culturali.
La nostra azienda posta ad un’altitudine di 650 metri s.l.m. è immersa nel verde e nella quiete delle colline, si estende per circa 25 ettari di terreno tra coltivazioni di grano, piantagioni di ulivo, frutteti e ortaggi da agricoltura biologica, certificata seguendo il regime di controllo CEE2092/91.

Si potranno organizzare piacevoli escursioni tra i boschi e i vicini borghi antichi; si potrà fare trekking, passeggiate in mountain-bike o a cavallo e godere di paesaggi ancora incontaminati. Gli amanti della buona cucina potranno degustare i piatti della tradizione siciliana che con sapiente maestria sono costantemente rivisitati ed arricchiti con le sfumature delicate dei prodotti biologici della nostra Azienda.
La vicinanza di famosi siti archeologici quali la “Villa Romana del Casale” e la ”Acropoli di Morgantina”, nonché delle città d’arte come Caltagirone, Agrigento, Palermo, Noto e Siracusa, rende Piazza Armerina meta strategica per una vacanza itinerante e poliedrica.

In sito, a disposizione degli ospiti, un giardino attrezzato, una piscina, un maneggio, oltre a mappe e utili consigli per scoprire tesori di arte e natura.
Sono possibili corsi di cucina, escursioni tra le greenways della tenuta e visite guidate nel frantoio e nel palmento aziendali oltre che nei siti di interesse storico-archeologico.

Presso l’Agriturismo è possibile acquistare i nostri prodotti: vini (rossi e bianchi), frutta e verdura, conserve, olio extra vergine di oliva e oli extra vergini aromatizzati con essenze naturali.

 

Hotel Bel Soggiorno di Taormina

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L’hotel Bel Soggiorno di Taormina è circondato da un ampio giardino con colture di limoni, arance e mandarini; nei terrazzamenti in pietra non mancano agavi e fichi d’india tipici della Sicilia.

Sito a 10 minuti a piedi da Taormina, il Bel Soggiorno è un’elegante struttura a 3 stelle che offre viste panoramiche sul Monte Etna e sul Mediterraneo, incantevoli camere climatizzate e la connessione Wi-Fi gratuita nelle aree comuni.

A colazione vi attendono pane appena sfornato, prosciutto italiano e succhi di frutta, che potrete gustare sulla terrazza all’aperto con vista sul mare.

Le sistemazioni dell’Hotel Bel Soggiorno sono dotate di TV a schermo piatto, bagno privato con asciugacapelli e, in alcuni casi, di balcone attrezzato con vista panoramica sul mare.

Immerso in un grande giardino pieno di alberi di agrumi, l’hotel si trova in una zona residenziale della città, a 5 minuti a piedi dal parco e a 2 km dalla Cattedrale di Taormina. In loco troverete anche un parcheggio gratuito.

 

Duomo di Taormina

 

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Il Duomo di Taormina nella sua prima costruzione risale al XIII secolo sui ruderi di una chiesetta intitolata a San Nicola di Bari. Venne poi riedificato nel XV, XVI e XVIII secolo. L’edificio più che avere l’aspetto di una chiesa somiglia ad una fortezza. Questa impressione viene accentuata dalla costruzione realizzata interamente con grossi blocchi di pietra e completata da merlature lungo tutto il perimetro dell’edificio. La facciata è impreziosita da un grande rosone realizzato con pietra di Siracusa di pregevole fattura. Altri due rosoni si trovano sulle facciate di est e di ovest della chiesa. Sulla facciata principale, tra due monofore quattrocentesche ad archi acute, troviamo il bellissimo portale maggiore, che fu ricostruito nel 1636, per decisione dei Giurati di quel tempo (gli amministratori locali), come risulta dalla lapide posta sopra il portale. Questo portale ha due colonne scanalate in stile corinzio poggianti su alte basi e sopra l’architrave c’è un frontone spezzato; sopra i capitelli delle colonne fanno capolino le facce di due angeli. Gli stipiti, che recano scolpite undici figure per lato, sono quelli originali del portale più antico. Questi ventidue personaggi rappresentano san Paolo (le chiavi), san Pietro (la spada della Fede) il re Davide (la cetra), i quattro evangelisti nei loro caratteristici simboli: il Leone (san Marco), l’Aquila (san Giovanni), il Toro (Luca) e l’Angelo (Matteo). L’identificazione degli altri Santi e Apostoli non è sempre così semplice ed evidente. Le due figure in alto, vale a dire, i due vescovi nell’atto di benedire con mitra e pastorale sono San Nicola, il santo titolare della chiesa e san Pancrazio, il santo patrono della città. Anche le fiancate presentano dei portali: quello di sinistra è quattrocentesco e presenta una raffigurazione dei SS. Pietro e Paolo con il Cristo benedicente nell’architrave; il portale di destra è del ‘500. L’interno è quello di una chiesa a croce latina con tre navate e tre absidi. Le tre navate sono separate da alcune colonne in marmo rosa di Taormina che, secondo la leggenda, sarebbero state prelevate dal Teatro Greco. La navata centrale è ricoperta dal soffitto in legno intagliato che ripropone temi arabi interpretati con gusto gotico.Da menzionare sono poi le due cappelle poste ai lati dell’altare maggiore: quella di sinistra, del Sacramento, della fine del ‘600, è in stile barocco; quella di destra, della Madonna delle Grazie, fu invece ricostruita nel 1747 con l’utilizzo delle strutture gotiche provenienti dalla demolizione di una cappella della chiesa di San Pietro. Nella chiesa si possono trovare delle opere di discreto valore che vanno dal periodo bizantino a quello rinascimentale, fino ad arrivare al barocco. Nella navata di destra, si trova la Visitazione con San Gregorio e San Zaccaria di Antonino Giuffrè, opera del 1457,  quadro appartiene alla scuola rinascimentale siciliana. Questo quadro si trovava originariamente nella chiesa del Varò.Sempre nella stessa navata c’è la Madonna non manufatta, opera dipinta su legno con motivi ornamentali in argento. A fianco del dipinto si trova una dedica e una preghiera alla Vergine datata gennaio 1693 da parte dei Giurati per aver risparmiato la città, dal nefasto terremoto che ha distrutto numerose città della Sicilia orientale tra cui Catania, Ragusa e Noto. Una delle opere più interessanti è il Polittico di Antonello de Saliba, opera del 1504 eseguita dal celebre nipote dell’ancor più famoso Antonello da Messina.  Il Polittico è composto da cinque tavolette  racchiuse in un “retablo” o cornice lignea intarsiata che molto probabilmente si potrebbe attribuire al fratello dell’artista Pietro o al padre Giovanni. Nel pannello centrale si trova la Vergine Maria e Gesù  fra san Girolamo e San Sebastiano. In alto, al centro, si trova la Deposizione di Cristo e ai lati Sant’Agata e Santa Lucia. Nella cornice sotto in basso, l’Ultima Cena. Il Polittico proviene dall’ex Chiesa di San Sebastiano, oggi ex Chiesa Sant’Agostino. Nella navata di sinistra si trova la  Madonna con bambino del XVI secolo, opera rinascimentale realizzata dall’artista Alfonso Franco. Qui viene rappresentata Maria al centro della scena, protetta da San Giovanni battista e il profeta Elia. Nella navata di destra vicino all’ingresso si trova la statua di Sant’Agata. Questa statua, che si trovava originariamente nella distrutta chiesa di Sant’Agata del convento dei cappuccini, fu spostata nella Cattedrale in seguito ai bombardamenti del 9 luglio 1943. La statua del XVI secolo è stata attribuita a Martino Montanini, allievo di Montorsoli che realizzò la famosa Fontana di Orione , in piazza Duomo a Messina. I Corvaja ne commissionarono la realizzazione, come si può evincere dallo stemma sbandierato dei  che si trova alla base della statua. Una leggenda riportata da Francesco Cipolla narra che l’estirpazione dei seni con le tenaglie sia avvenuta  a Taormina in un punto della mulattiera che dal Cimitero scende giù in località Spisone, dove sarebbe stata individuata una pietra in calcare taorminese detta, “a ciappa i Sant’Aita”. (Tratto da Wikipedia)

 

 

Centro Commerciale Naturale Taormina

 

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Il Centro commerciale naturale è una locuzione che si è diffusa in Italia dalla fine degli anni ’90 con l’obiettivo di denominare con un’espressione più accattivante quella che fino ad allora era stata chiamata “area commerciale centrale” o “area commerciale del centro storico”.
Ciò a differenza di quanto nel frattempo accadeva in altri paesi occidentali, nei quali l’attenzione è stata posta non tanto sull’oggetto (l’area commerciale centrale) quanto sui modelli di gestione (come il town center management diffuso dal Canada, agli USA, alla Gran Bretagna e successivamente il business improvement district, sistema di origine USA che consiste nell’imporre “dal basso” una tassa di scopo alle attività economiche di un’area commerciale centrale in modo da assicurare una fonte di finanziamento stabile al town center management). Pertanto, “centro commerciale naturale” è inteso da parte di chi utilizza questa espressione come una aggregazione di esercizi commerciali che operano integrandosi tra loro in ambito urbano.

In quasi tutti i paesi del mondo nelle città di non recente istituzione c’è la presenza di qualche quartiere (in inglese “district”, frequentemente tradotto in modo improprio in lingua italiana con “distretto”), spesso coincidente con il centro storico – o per usare una locuzione più precisa, con il “centro città” – dove si registra una concentrazione di attività commerciali più elevata rispetto ad altre zone del territorio. Si tratta, a ben vedere di una situazione o condizione che:
a) non ha alcunché di “naturale”, poiché la creazione delle aree commerciali nei centri storici delle città è il risultato di una pianificata volontà da parte degli imprenditori e delle comunità locali di creare degli addensamenti commerciali e di servizi dove ritrovarsi, passeggiare, incontrarsi e fare acquisti;
b) non ha elementi in comune con il “centro commerciale” che è un addensamento di attività commerciali localizzate all’interno di una struttura edilizia che nella quasi totalità dei casi è di proprietà di un solo soggetto economico che affida la gestione del centro commerciale a un soggetto professionale (es. società di gestione che ha in loco un direttore) che svolge il proprio compito in applicazione di un contratto stipulato tra i singoli imprenditori e la società di gestione. Infatti l’area commerciale centrale, anche nei casi in cui viene enfaticamente denominata “centro commerciale naturale” conserva un’elevata frammentazione della proprietà delle unità immobiliari nelle quali si trovano le attività commerciali e non dispone di un soggetto professionale che abbia giuridicamente ed effettivamente il potere di coordinare e gestire unitariamente l’area.
In sintesi, ciò che caratterizza le aree commerciali centrali delle città italiane – ma non soltanto italiane – è proprio il non essere aree “naturali” e non essere “centri commerciali”.

Virtual-Tour-Avatar

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Il Virtual Tour con avatar è stato per Sicilia360map una sperimentazione fortemente voluta su come rendere emozionalmente coinvolgente per tutti i “saperi” e i “sapori” di un ambiente, di un paesaggio e di un territorio, al fine di costruire una “Destinazione” in ambito dei turismi che il mercato propone.

Il progetto si propone di realizzare un utile ed innovativo prodotto ludico-culturale dedicato a cittadini, turisti ed appassionati di tutte le fasce d’età, impiegando una tecnologia, brevettata a livello internazionale, che permette la visita virtuale di ambienti “indoor” (musei, palazzi, chiese, siti archeologia industriale, etc) ed “outdoor” (città, parchi, siti archeologici, etc) e l’interazione dell’utente con gli stessi.
La tecnologia brevettata e della quale Sicilia360map ha l’esclusiva per la Sicilia e per Malta può essere impiegata sia per la rappresentazione virtuale di ambienti esistenti, sia per la creazione di ambienti virtuali non esistenti nella realtà, utilizzando opere custodite, ma non esposte al pubblico.
Con particolare riferimento al settore turistico, la ricercata valorizzazione si realizza ancor prima che il turista giunga a destinazione, mostrando virtualmente il territorio, la città ed i suoi elementi di pregio e fornendo, contemporaneamente, sia informazioni sui beni culturali, artistici, ambientalie naturali sia le necessarie indicazioni per poter raggiungere i luoghi d’interesse durante il soggiorno turistico.
La virtualità del prodotto e la diffusa consuetudine nell’acquisto online di applicazioni per smartphone e per tablet, attraverso gli stores dei vari gestori (Apple, Microsoft, Google, Android, etc), identifica il progetto anche come un ottimo strumento di autofinanziamento dei luoghi d’interesse, resi, inoltre, visitabili anche da chi è impossibilitato a recarsi personalmente in loco.
La chiave ludica è una valida caratteristica che aumenta l’attrattività del prodotto, non solo in relazione agli scopi turistici sopra citati, ma anche a quelli didattici ottenibili nel caso in cui il prodotto sia fornito ai piccoli o giovani frequentanti le scuole di ogni ordine e grado, in versione dedicata integrata con giochi ed enigmi (fornitura gratuita):
1. gli studenti troveranno un piacevole aiuto nello studio delle opere, degli artisti e della storia con la versione ludico-didattica dedicata;
2. le famiglie avranno a disposizione un valido ed accattivante sistema per visitare musei/siti d’interesse e saranno invogliate a visitarli personalmente;
3. gli studiosi ed appassionati d’arte e di architettura troveranno grandi quantità d’informazioni, non solo relative alle opere più conosciute, ma anche a quelle   meno note;
4. chi è impossibilitato a visitare i luoghi d’interesse per motivi economici o di salute potrà farlo virtualmente da qualsiasi parte del mondo.
Il prodotto, infine, è un efficace progetto ludico-culturale di sponsorizzazione della città:
1. un prodotto dedicato a cittadini, turisti ed appassionati di tutte le fasce di età;
2. un’innovativa versione ludico-didattica, gratuita per le scuole di ogni ordine e grado;
3. un valido metodo di autofinanziamento per le strutture coinvolte;
4. un’alta risoluzione, realismo e qualità delle immagini;
5. un uso su smartphone, tablet, pc, tv.

Questo lavoro è stato presentato al Cluster Bio-Mediterraneo Expo 2015, in collaborazione con il Gal Peloritani, in data 30 ottobre 2015.

Chiesa di Sant’Onofrio

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La Chiesa di Sant’Onofrio Anacoreta, patrono del paese, è un’opera in stile barocco del XVII° secolo ed è la chiesa principale di Casalvecchio Siculo, in provincia di Messina. Conserva un culto antichissimo che risale al 1117, quando Re Ruggero II autorizzò la ricostruzione della basilica dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò e, nel “Diploma di Donazione” di terre e di beni ai monaci basiliani, fece cenno proprio al culto di S. Onofrio. Come risulta dagli antichi documenti è Chiesa Matrice fin dal 1522, avendo avuto come filiali le altre chiese minori di San Nicolò, di San Teodoro Martire e della SS. Annunziata.
La Chiesa è sicuramente molto antica, ma non è dato sapere con precisione quali e quante trasformazioni abbia subito nel corso dei tempi. L’attuale struttura religiosa fu ricostruita dopo una frana che la divise in due. Fu ubicata trasversalmente rispetto ad una chiesa esistente in precedenza, in quanto la facciata centrale, dapprima rivolta ad ovest verso il monte, adesso viene rivolta a sud verso il mare.
Duramente danneggiata dal terremoto del 1908, che colpì Messina in modo devastane, fu ricostruita nel 1934 per volere dell’Arcivescovo di Messina S.E. Mons. Angelo Paino.
La struttura religiosa ha un impianto a navata unica, si presenta ricchissima di fregi, pitture, disegni, affreschi ed opere d’arte e dell’ originale stile barocco, la Chiesa conserva, oltre il pavimento a mosaico in pietra locale e di Taormina con disegni tutti diversi, un artistico soffitto ligneo a cassettoni, contenenti piccole roselline dorate, sorretto da mensole a cariatidi, due delle quali sul lato nord est hanno la particolarità di avere mezzobusto caprino e mezzo umano.

La Regia Soprintendenza all’Arte Medievale della Sicilia stabiliva che “il tetto della Chiesa Madre di Sant’Onofrio deve ritenersi opera monumentale dati i precedenti che dichiarano quel tetto opera pregevolissima”.
Le pareti e le vetrate hanno notevoli decorazioni artistiche eseguite tra il 1943 ed il 1945 dal pittore Tore Calabrò (celebre, tra l’altro, per aver modellato la statua della Madonnina del Porto di Messina) il quale, invitato dal casalvetino Domenico Puzzolo Sigillo, durante la seconda guerra mondiale, trovò ospitalità a Casalvecchio Siculo, dal 1943 al 45, e qui ebbe l’incarico dall’ Arciprete Rev. Mario D’Amico d’ideare un trono che ospitasse l’antico mezzobusto ligneo di Sant’ Onofrio. L’artista, non solo eseguì l’incarico, ma volle dimostrare la sua riconoscenza per la calorosa ospitalità ricevuta dai casalvetini arricchendo la chiesa di innumerevoli pregi, quali pitture sui vetri, oli su tela ed affreschi murali.
All’interno della chiesa, tra le innumerevoli opere di rilevanza artistica, si possono ammirare anche:

L’ altare maggiore risalente al 1700, in marmo con colonnine tortili ed il tabernacolo in argento;
Una pila per l’acqua santa, posta su un capitello ricco di decorazioni in stile bizantino e presumibilmente proveniente dalla Chiesa dei SS. Pietro e Paolo;
Il seicentesco fonte battesimale in pietra locale e di forma ottagonale;
I sei altari delle navate laterali;
Una lastra tombale con iscrizione in latino, risalente al 1711.

Ma certamente l’elemento più rilevante è la pregevolissima statua di Sant’ Onofrio Anacoreta, in parte fusa, in parte sbalzata e finemente cesellata in argento, opera dell’artista messinese Giuseppe Aricò, eseguita nel 1745. La statua pare sia stata eretta a spese del popolo, per voto, al suo protettore per la preservazione dell’abitato casalvetino dalla peste messinese.
Del santo protettore vi è, inoltre, un mezzobusto in legno del ‘500, opera di un artigiano locale, collocato nell’abside della chiesa.
Pregevoli tele, tra le quali quella di Gaspare Camarda eseguita nel 1622, paramenti sacri ed alcuni oggetti in argento la cui fattura risale ai secoli XVII e XVIII, oltre a quanto già citato, fanno di questa chiesa un inestimabile museo in ci è forte il connubio tra culto e arte.  (Testo tratto da Wikipedia)

Chiesa Santi Pietro e Paolo d’Agro

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La Chiesa Santi Pietro e Paolo d’Agrò, è un’antica chiesa cristiana della Sicilia, situata presso la frazione San Pietro del Comune di Casalvecchio Siculo, in provincia di Messina. La chiesa originaria risaliva presumibilmente all’incirca al 560. Fu in seguito completamente distrutta dagli arabi e quindi ricostruita nel 1117. Tale data è certa in quanto è stata dedotta da un “Atto di Donazione” di Ruggero II, datato 1116 scritto in lingua greca, conservato nel Codice Vaticano 8201, e tradotto in latino da Costantino Lascaris nel 1478. Da tale Atto di donazione si deduce che il conte Ruggero II in viaggio da Messina a Palermo fa una sosta in scala S. Alexii e cioè al castello di Sant’Alessio Siculo. In tale circostanza viene avvicinato dal monaco basiliano Gerasimo, il quale chiede al sovrano la facoltà e le risorse per riedificare (erigendi et readificandi) il monastero sito in fluvio Agrilea. La richiesta venne prontamente accolta e il monaco Gerasimo di San Pietro e Paolo si adoperò immediatamente a far erigere il tempio. Dal diploma di donazione si evince inoltre che il monastero fu dotato di alcuni redditi fissi: estesi campi di querce, di pascoli, alberi da frutto. Gli fu addirittura concessa la completa proprietà di un intero villaggio il Vicum Agrillae (l’attuale Forza d’Agrò) con assoluto potere da parte dei monaci su ogni oggetto o abitante di tale villaggio. In particolare era obbligo agli abitanti di detto villaggio di portare “due galline al monastero nelle feste di Natale e di Pasqua nonché la decima sulle capre e sui porci”. Si disponeva che il monastero fosse fornito ogni anno di otto barili di tonnina della tonnara di Oliveri e che ogni merce diretta al monastero fosse libera da ogni gravame di tasse.

Era, inoltre, concesso all’Abate del Monastero il diritto del foro e cioè quello “di giudicare e di condannare, e la potestà sopra di quelli che, colti in delitti, potevano essere legati e flagellati e rimanere con i ceppi ai piedi, riservando la pena per l’omicidio alla Curia Regale”. Per tali pene l’Abbazia pagava la locazione del carcere sito in Casalvecchio ( “carcerem in Casali Veteri”) Con tali poteri si equiparava quindi la figura dell’Abate del Monastero dei Ss Pietro e Paolo a quello di un barone normanno del tempo. La chiesa molto probabilmente subì dei gravi danni nel 1169 a causa del fortissimo terremoto che quell’anno squassò tutta la Sicilia orientale. Fu quindi ristrutturata e rinnovata nel 1172 dall’architetto (capomastro) Gherardo il Franco come si può dedurre dall’iscrizione in greco antico posta sull’architrave della porta d’ingresso: “Fu rinnovato questo tempio dei SS. Apostoli Pietro e Paolo da Teostericto Abate di Taormina, a sue spese. Possa Iddio ricordarlo. Nell’anno 6680. Il capomastro Gherardo il Franco”. L’anno 6680 corrisponde nella cronologia greco- bizantina appunto al 1172 in quanto gli anni si computavano dall’origine del mondo che, per i greco-bizantini, risaliva a 5508 anni prima della venuta di Cristo. Da quel restauro la chiesa non subì altre modifiche ed è giunta a noi praticamente intatta, al contrario del circostante Monastero di cui rimangono solo pochi resti e qualche edificio recentemente oggetto di un lavoro di restauro Oltre ai due Abati su citati Gerasimo e Teostericto, si conoscono i nomi di altri 26 Abati che si sono succeduti nel corso dei secoli, fra i quali l’Abate Fra Simone Blundo, palermitano e il successore un certo Abate Fra Bessarione, greco, nel 1449 che ha diritto di voto nel Parlamento siciliano e che fu nominato Cardinale da Nicolò V. L’ultimo Abate Nicolò Judice, fu nominato Cardinale da Benedetto XIII l’11 giugno 1725). Il Monastero della vallata di Agrò fu un centro notevole di vita spirituale, sociale ed economica.

L’ampio territorio che controllava era molto ricco di varie colture e allevamenti ed era dotato di vari mulini per la produzione di farine e derivati. Abbondava la produzione di vino e olio d’oliva. Di tali ricchezze prodotte dal Monastero ne beneficiava anche il paese di Casalvecchio Siculo (“Casale Vetus”) che viveva gravitando intorno alle attività del monastero stesso. Nel corso dei vari secoli il Monastero dei SS Pietro e Paolo d’Agrò e la chiesa di S. Onofrio di Casalvecchio svolsero il ministero pastorale in unità d’intenti con la “Gran Corte Archimandritale di Messina” la quale concedeva all’Abate del “venerabile Monastero dell’Abatia dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò, su richiesta della Matrice dell’Università di Casalvecchio sotto il titolo di S. Onofrio, di poter condurre processionalmente la Reliquia di detto S. Onofrio…in una delle due processioni….” (Liber actorum, 1705, Archivio della “Gran Corte Archimandritale di Messina”). Dai registri del 1328 si apprende della presenza di sette monaci e di dieci nel 1336. Dopo secoli di permanenza nel monastero i frati furono costretti a richiedere il trasferimento ad altra sede. Infatti in quel luogo l’aria era diventata insalubre e quasi irrespirabile a causa dell’acqua imputridita dell’Agrò proveniente dalle coltivazioni di lino che lungo in fiume era massicciamente ed intensamente coltivato. La richiesta di trasferimento fu accolta dall’Archimandrita di Messina e dal re Ferdinando IV e la sede Abbaziale del Monastero dei SS Pietro e Paolo fu trasferita a Messina nel 1794. In seguito la chiesa venne praticamente abbandonata e per molti anni servì addirittura da deposito per attrezzature contadine. Tale stato di totale abbandono ed incuria durò fino agli anni ‘60 del secolo scorso, visitata solamente da studiosi dell’architettura medievale sia italiani che stranieri. Solo negli anni sessanta fu ripulita, fu oggetto di varie campagne di restauro conservativo, riaperta al culto, e alle visite turistiche.

È stata oggetto di vari studi da parte di vari critici e storici dell’arte fra i quali Stefano Bottari, Pietro Lojacono, E.H. Freshfield, Antonio Salinas, Ernesto Basile, Enrico Calandra. Ha l’aspetto di una chiesa fortificata con il classico orientamento della parte absidale ad est. Il suo aspetto ed il coronamento di merli indicano senza dubbio la funzione di fortezza che ha dovuto sostenere nei vari secoli. Ha caratteristiche molto simili a quelle che si possono riscontrare nelle grandi cattedrali coeve di Cefalù e Monreale. Architettonicamente si può certamente definire come una sintesi dello stile bizantino, arabo e normanno. un sincretismo culturale che ha prodotto un’opera architettonica che a detta di alcuni studiosi potrebbe rappresentare il primo esempio di protogotico, più propriamente un esempio lampante di elementi architettonici diversi uniti in un’unica struttura, che al suo interno contengono e assemblano gli elementi principali e quindi lo stile artistico-costruttivo del normanno e dell’arabo. Tali elementi fusi assieme creano le linee guida del protogotico.

Stile bizantino

  • la decorazione delle facciate con strette lesene terminanti con archeggiature incrociate
  • struttura a mattoni con ornati a spina-pesce e a zig-zag e anche nella decorazione della facciata con strette lesene terminanti con archeggiature incrociate;
  • la particolare policromia delle membrature architettoniche;
  • la sagoma dei pulvini insistenti su capitelli a paniere;
  • la croce di tipo bizantino incisa nella lunetta sulla porta d’ingresso.

Stile Arabo

  • le caratteristiche archeggiature sovrapposte che sorreggono la cupola minore del presbiterio; tale cupola si sviluppa con un tamburo ottagonale con otto finestre;
  • la forma terminale curva delle merlature ed il sesto rialzato degli archi;
  • la forma delle cupole e il terminale chiaramente di stile arabo delle stesse;

Stile Normanno

  • la planimetria a tre navate con l’ingresso fiancheggiato da due torri molto simile alle grandi cattedrali normanne di Cefalù e Monreale;
  • il portico posto fra le due torri dell’ingresso.

Indubbiamente l’aspetto che colpisce di più ad una prima osservazione è la spettacolare policromia delle facciate resa possibile dal sapiente alternarsi di mattoni in cotto, pietre laviche (di provenienza etnea), pietra serena locale. Lo stesso Prof. Stefano Bottari così la descrive: “La bizzarra policromia, ottenuta per mezzo del mattone, delle lava e della pietra bianca, adoperati per la costruzione ed intrecciati armoniosamente, acquista allo snello edificio una fisionomia veramente suggestiva e pittoresca….”. L’interno è caratterizzato da una assoluta austerità. Non è presente alcuna decorazione o affresco e i muri sono completamente spogli: si può ammirare solamente il gioco dei mattoni e delle pietre di costruzione. Non sappiamo se in origine fossero presenti decorazioni o altro però è difficile pensare che nel corso dei secoli non fossero stati presenti degli affreschi. (Testo tratto da Wikipedia)

 

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